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Jukebox, Flipper e Nostalgia: Cronache di un Tuffo nel Vintage con Finale a Sorpresa

Ho sempre avuto un debole per tutto ciò che profuma di anni ’50, ’60 e ’70: jukebox, flipper, radio vintage e quegli oggetti che sembrano usciti da un catalogo dei sogni retrò. La precisione dell’oggettistica, il fascino senza tempo e l’evoluzione tecnologica di quei decenni mi hanno sempre stregato. È colpa di Happy Days? Forse sì: quella serie ha racchiuso tutto il meglio di quell’epoca dorata.

Crescendo, ho visto parecchie radio vintage a casa dei miei genitori, reduci da quegli anni d’oro in cui le discoteche erano semplici locali dove si faceva casino. Tipo rave party, ma con più brillantina.

Il mio primo incontro ravvicinato con un jukebox? Nei mitici anni ’80, al circolo Acli di Ailoche, un paesino della Valsessera. Con Manu, amica di scorribande post-messa domenicale, ci si fermava per un gelato o uno snack. E lì, all’ingresso, eccolo: un jukebox da sogno. Era uno spettacolo: leggere le etichette delle canzoni, inserire le 100 lire e sentire il disco partire. Fantastico! A completare il quadro, un cabinato di OutRun, poi rimpiazzato da un gioco di calcio dove il mitico Simo era un mago a passare di livello.

Fast forward al Dicembre 2020. Scorrendo gli annunci su Facebook Marketplace, trovo un jukebox simile a quello dei miei ricordi. Era a Biella, non lontano da casa mia, e il prezzo era accessibile. La proprietaria mi avverte: “Guardi che è messo male e non funziona”. Ma chissene! Lo prendo e dopo due giorni il gioiello è a casa.

Spoiler: era un disastro.
Polvere e sporco come se fosse stato conservato in una miniera, ma niente paura: Eli, mia moglie, e io ci siamo dati alle pulizie di primavera. Il modello è un NSM 120, e già lo adoro.

Lo accendiamo, e… silenzio totale. Non proprio il suono che speravo, ma non ci arrendiamo. Eli, in modalità ingegnere meccanico di Formula 1, smonta tutto; io lubrifico qualche parte qua e là. Dopo un intervento a cuore aperto, il verdetto: FUNZIONA!

Che emozione sentirlo suonare, anche se il risultato era… beh, particolare. La puntina era consumata come uno scalpello e i dischi ondulati parevano aver preso lezioni di ballo sul tagadà. Però, che soddisfazione!

Il caro NSM 120 ora è parcheggiato in tavernetta, funzionante ma con un look “vintage vissuto”. Finito qui? Ovviamente no. Nell’estate del 2024 mi è venuta l’idea brillante di una versione digitale. Ma questa, amici miei, è un’altra puntata!

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